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Il linguaggio vibrante ed incisivo degli "assemblages" di Piero Conestabo
La natura tradita (1995)
Una costruzione intensa di materiali riciclati rileva la precarietà di una esistenza senza certezze. La fisicizzazione di idee. Un' area di ricerca strettamente connessa alle sperimentazioni d' avanguardia. La dimensione corale della narrazione.
L'opera di Piero Conestabo riflette nella forma e nei contenuti la tensione che agita la vita contemporanea, dove le conquiste della scienza e della tecnica, esasperate ai limiti del sovrumano, sono catalizzatori di ansie, di terrore, di angoscia per la lotta della sopravvivenza dell’ umanità.
Materiali riciclati (scatole di plastica, anelli, legno , cartone, cotone, ingranaggi, decori di mobili, copertoni, lettere tipografiche, bottiglie, reti di altoparlanti, tubi per l'aria di automobili, mascherine...) si susseguono scanditi o fusi sulla pagina pittorica, illuminata da tracce di acquerello, tempera e smalti. I frammenti quotidiani più comuni e della civiltà industriale sembrano inventare, in un'area di ricerca strettamente connessa alle sperimentazioni d'avanguardia, un mondo assurdo al quale sta portando il degrado ambientale.
L'artista, che investiga sui dati concreti della precarietà di un'esistenza senza certezze, dà vita a situazioni in cui l'uomo si trova ad essere artefice di un inquinamento spaventoso, di sconvolgenti disastri ecologici di cui è egli stesso vittima. E la tensione interna che anima la scena del quadro porta in primo piano la dimensione che impronta tutta la sconcertante situazione in cui l'uomo vive.
Per questo l'artista, che non rinuncia ad una visione seria e profonda della vita, ha la consapevolezza che ogni opera deve rifiutare gli artifici ed esprimere minuziosamente i problemi della contemporaneità, cogliendone il senso più profondo. Ed è la veridicità dell'immagine e la concretezza dei materiali assemblati a fare risaltare la sincerità dei sentimenti dell'autore, che ha la capacità di esperienze al di là del mondo interiore, e di indagine nell'essenza delle cose del passato e del presente.
L'opera dell'artista triestino nasce dall'intenso bisogno di comunicare un linguaggio fortemente allusivo, con immagini che danno corpo a situazioni diverse e si caricano di profondi significati. Dai quadri astratti, a dominante pittorica, della produzione del passato Conestabo sposta ora la sua attenzione alla corporeità degli oggetti "poveri", di rifiuto, che una essenziale distribuzione cromatica mette in evidenza. Gli elementi materici e palpabili vengono giocati come unità significanti: in alcuni casi, su un equilibrio instabile per registrare la precarietà e la provvisorietà delle cose; altre volte, secondo un progetto che diventa consapevolezza fisica di spazio e di volume, toccando risultati vivi e vitali. Infatti, lo spazio si configura come un labirinto di oggetti con il quale si pone in relazione una diversa temporalità di dati di storie differenti, per offrire anche una rappresentazione del mondo attuale, dove si opera spesso in modo traumatico sulla natura.
La costruzione astratta dei lavori precedenti cede, quindi, il passo, in queste ultime composizioni, ad una costruzione energetica, di scatto intenso, di risoluta forza, rivelando un presente precario ed insicuro. Con frammenti poveri l'artista produce sul piano narrativo momenti non solo di creazione ma anche di conoscenza, di fisicizzazione di un'idea, rappresentando le possibili mutazioni del paesaggio, dell'ambiente naturale di cui l'uomo è poco rispettoso. Nel tessuto narrativo si fa gradualmente sensibile il rimpianto per la perduta armonia della natura, che la superficialità degli esseri umani corrompe e distrugge.
In un'opera che non tradisce i problemi della vita si avvera un linguaggio vibrante, di rigorosa incisività, con esiti audacemente stimolanti e innovatori sul piano della modernità, perché la struttura dell'immagine, che è trasgressiva nel momento stesso della sua nascita e della sua formazione, offre una varietà di percorsi interpretativi. La narrazione assume sempre una dimensione corale, nel senso che essa investe sia il campo della rappresentazione palese sia quello ideale, anche quando gli oggetti si presentano in uno stato di inerme solitudine e di quasi autoironica pietà. L'intreccio imbriglia un tessuto di motivi anche morali, manifestando prove d'ingegno sempre mobili, sicure, interessanti nella storia delle forme narrative. Forme che, nell'opera di Conestabo, oscillano tra regola e caso all'interno di un ordine programmato dall'artista, e sottendono anche ironia, paradosso, mistero, ambiguità, elementi riconosciuti come valori positivi dell' arte. Un' arte che, nel caso degli "assemblages" del triestino, interviene sotto forma di esistenzialismo, per prendere coscienza della crisi di civiltà dei nostri tempi, cercando di svelare con crudezza le contraddizioni, le velleità, i disorientamenti e i limiti dell'uomo che occupa un malinconico posto nella natura.
Michele Fuoco.
Piero Conestabo si sta proponendo nel campo artistico, attivo principalmente su due direttive che, accomunate dall' interesse all' ambito estetico, evidenziano un grosso impegno culturale e sociale. Infatti, oltre alla sua seria produzione artistica, e questa mostra ne é un palmare e significativo esempio, Conestabo si è impegnato, durante il secondo periodo dell' ultimo decennio, in una ampia azione promozionale riguardo al vasto campo dell’ “educazione all' immagine”, intesa non solo come azione diretta alla produzione della realtà visiva, ma anche come viatico alla sua esatta fruizione susseguente ad una personale, e conseguentemente anche creativa, partecipazione.
La sua pittura, allusiva e cromatica, esprime un sentimento di dolcezza e di delicatezza affidato principalmente alla melodicità della linea: la spiritualità, che pervade la sua opera, è accentuata della scelta dei colori, talvolta squisiti e raffinati (grigi perlacei, rosa e verdi tenui, tali da riproporci alla memoria la grande tradizione cromatica della scuola senese medioevale talvolta più corruschi e virulenti, (si da ripensare alla forza manieristica). La logica conseguenza è che le sue opere, distanziate dalla simbologia consueta e liberate dalla azione mediatrica di un referente figurativo, divengono, e propongono soavi sensazioni.
Conestabo rende “pittura” segni e materiali (Renato De Fusco), attraverso i quali però non intende ancora inserirsi in tradizionali linguaggi. La sua espressività deriva direttamente dal produttivo bisogno materiale dell' artista. Per questo duplice e costante irnpegno, Conestabo, si ricollega idealmente all' emotivo e allarmistico messaggio di Neil POSTMAN: “quando una popolazione è distratta da cose superficiali, quando la vita culturale è un circo di divertimenti, quando un popolo si trasforma in spettatore, allora la nazione (per Conestabo meglio sarebbe dire “il mondo”) è in pericolo. E la morte della cultura è più che una possibilità”.
Roberto Ambrosi
(1988)
Piero Conestabo
Allievo di Miela Reina e di Ugo Cara, opera e si propone ad un pubblico di vasto respiro nazionale ed internazionale in una duplice veste pariteticamente meritoria: infatti accanto all’elevata figura dell'artista, agisce un instancabile operatore culturale che anima, stimola ed indirizza molte manifestazioni ad ogni livello; ed oltre a questo generoso impegno apprezziamo il Conestabo artista, che in un percorso trentennale ha sperimentato tecniche, materiali e metodologie.
In ogni sua produzione, però, permane costante il sentimento di delicatezza e dolcezza che ispirano in particolare la melodicità della linea ed il colore raffinato, pregnante e sapiente, tali da far emergere sulle sue tele soavi sensazioni.
Per questoccasione è rimasto fedele alla sua ispirazione; la temista adottata ha prediletto il segno della matita, mezzo che impone raffinate ed esercitate elaborazioni, per cui l'artista ha confermato la sua capacità di produrre sintesi di alta qualità cromatica, lineare e spaziale.
Roberto Ambrosi Pooart 2004
Un'arte, quella di Conestabo, dove da un lato la sua capacità tecnica si sposa con la capacità di dare libero sfogo ai sogni e qualche volta anche agli incubi, e dall'altro lato si esprime in una forma artistica che sconfina nel surreale ma non è da questo vincolata.
Pensa con gli occhi e vede col pensiero, opera con tutti i sensi, i quali si fondono in un'insieme di sensazioni, visioni e assonanze.
Non è un'arte facile, dato che da un lato punta sulla sintesi e dall'altro si apre ad una chiara deviazione, come un processo psicoanalitico dove il vago, l' allusione, l' illogico restano limpidi e magici, come a volte sembrano essere i sogni.
Un filo sottile unisce tutti questi mondi, nel quale l'uomo viene indicato, visibilmente - invisibilmente oppure viene posto in primo piano, dove la natura , le piante, gli insetti gli animali fantasiosi si identificano come il risultato dei pensieri e delle paure. Uomini, che non sono più uomini; animali, che non sono più animali. È il cervello che crea pure con le sue deformazioni ed errori, le quali in certe misure sono un parafulmine nella critica visione della realtà. Piero Conestabo raggiunge nell'ambito dei suoi labirinti, nei pastelli, acquerelli e quadri ad olio, risultati che evidenziano in una architettura interna una superficie portante dei suoi pensieri. Disegni , colori, forme geometriche, creature, che possono essere create da una lente deformata, lente da microscopio spirituale dell'occhio, alla ricerca di motivi, di dolori, di origini. Forme meravigliose e piene di segreti, intrise di sensazioni e contemporaneamente quasi irraggiungibili nel loro intimo.
Dr. Prof. Lorenzo Gabetti Direttore dell' istituto Italiano di Cultura di Vienna
La vecchia guardia dei pittori triestini che tramite la sua creatività inventiva ha dato alla città quel lustro da poter essere all' altezza competitiva con ben più noti centri d'arte, si sta sfoltendo.
Ma già si notano staccarsi dal gruppo di promettenti giovani e meno giovani pittori alcuni che si lanciano alla conquista di nuove vette nella pittura triestina.
Tra questi ci è permesso annoverare Piero Conestabo.
Si è diplomato all'Istituto d'Arte di Trieste, sotto la preziosa guida di Miela Reina e Ugo Carà .
La sua prima mostra risale al 1976 e quattro anni dopo intensifica la propria attività affermandosi con personali e collettive in Europa (Austria, Spagna, Yugoslavia, Inghilterra, Svezia), in America (Toronto, Los Angeles, Città del Messico, Vancouver, Seychelles), in Asia (Tokio, Hong Kong, Tsukuba).
Nell'87 è stato ospite della Biennale della Xilo e quindi con una personale al centro internazionale della Grafica di Venezia; sue opere si trovano esposte nel triestino Museo Revoltella. E attivo inoltre nel campo dell'educazione all'immagine per la scuola dell'obbligo.
La sua pittura, allusiva e cromatica, esprime un sentimento di dolcezza e di delicatezza affidato principalmente alla melodicità della linea: la spiritualità, che pervade la sua opera, è accentuata dalla scelta dei colori, talvolta squisiti e raffinati (grigi perlacei, rosa e verdi tenui), tali da riproporci alla memoria la grande tradizione cromatica della scuola senese medioevale talvolta più corruschi e virulenti (sì da ripensare alla forza manieristica).
La logica conseguenza è che le sue opere, distanziate dalla simbologia consueta e liberate dall'azione mediatrice di un referente figurativo, divengono e propongono soavi sensazioni. Pensa con gli occhi e vede col pensiero, opera con tutti i sensi, i quali si fondono in un insieme di sensazioni, visioni e assonanze..
Il lavoro di Piero Conestabo è quindi qualcosa di diverso e vagamente inquietante.
Milko Bambic
In occasione della mostra “Il Mito Sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba”, organizzata dal Comune di Trieste, inauguratasi al Museo Revoltella il 26 ottobre 1991 e ormai volgentesi a conclusione (chiuderà il 3I marzo 1992), si è voluto ricostruire il Raum, che il Movimento Costruttivista Triestino presentò all'interno della I Esposizione del Sindacato di Belle Arti del 1927. L'evento, anche se allora non ottenne un gran riconoscimento, fu di notevole interesse per la storia artistica triestina e la ricostruzione attuale ne dà la giusta concretezza. A confortare la convinzione di non essere indotti in un'opera di falsificazione testimonia l'idea Costruttivista della riproducibilità dell'opera d'arte e della sua continua vitalità. Partendo dall'identificazione del luogo tuttora esistente, che aveva accolto nel 1927 il Gabinetto Costruttivista (e quindi ottenutene le tre dimensioni base) e dalle 4 immagini apparse su di una rivista dell'epoca , unico documento pervenutoci delle opere esposte nella Sala e del suo allestimento , grazie a ricerche , confronti e testimonianze dirette, raccolte con non poche difficoltà, si è potuto ricreare questo ambiente, valendosi anche dell'aiuto di un'elaborazione computerizzata per il dimensionamento reale dei pezzi e degli spazi. L'impegno della ricostruzione fisica infine è stato affidato ad un artista, accuratamente scelto per i suoi interessi e per l'indirizzo delle sue ricerche formali. Una ricostruzione comporta diversi problemi e soprattutto mantenere un equilibrio costante tra rigore scientifico e apporto artistico, dal quale ultimo non si può prescindere, a meno di non creare un'edizione fredda e svilita dell'originale. Come lui stesso afferma nel suo scritto, l'artista che si accinge ad affrontare un tale impegno vive un'esperienza singolare che val la pena soffermarsi a considerare.
Fiorenza De Vecchi (direttore della ricostruzione)
EREDITA’ DI un ARTISTA
Per un artista il compito di ricostruire opere di altro artista è un'esperienza molto particolare, che va vissuta entro limiti ben precisi di umiltà, rigore, stimolo e partecipazione. Solo il giusto equilibrio di questi elementi fa sì che il risultato possa dirsi soddisfacente per la sua attendibilità filologica e per la sua vitalità comunicativa. L'impegno si dimostra più complesso se la personalità indagata è mutevole e sfaccettata, tendente ad eludere l'indagine, a fuggire il confronto A. Cernigoi , l'anima ispiratrice del Gruppo Costruttivista Triestino del 1927, è un artista che in tutta la sua vita ha dimostrato un continuo e pressante bisogno di rinnovarsi e, per chi lo ha conosciuto, non è certo difficile riconoscere in lui una continua insofferenza e forse un certo timore di risolversi a fissare il proprio linguaggio entro schemi statici e ripetitivi. Sua principale aspirazione non è lo stile, ma l'inventiva libera e fantasiosa, ludica e ironica, in una parola imprevedibile.Difficile quindi dominare uno spirito così poliedrico, senza incorrere in ingannevoli giudizi di estrema ecletticità d'espressione o addirittura di troppa facilità nella citazione altrui.Per chi si accinge a ricreare un tale linguaggio - così ricco di spunti dai piu' autorevoli ai piu' banali - il rischio dei facili riferimenti è sempre presente e solo un atteggiamento meno critico e piu' spontaneo evita il pericolo di imboccare una via che condurrebbe alla sterile ripetízione di testi già conosciuti collagiati insieme, senza l'unità di contesto che li giustifìchi. Il rischio diviene maggiore se, come nel caso specifico, l'intera operazione coinvolge piu' individualità artistiche, che subiscono fortemente l'influenza di una personalità così particolare tanto da non riconoscere piu' dove termini l'intervento di Cernigoj e dove continui ogni sviluppo personale di tali suggestioni.Nella mia esperienza personale posso affermare che curiosità e interesse sono i fattori primi che rendono possibile il superamento dell’ impatto conflittuale, che inevitabilmente sorge con la propria identità artistica, ma a questi fattori si deve congiungere di pari passo la volontà di creare un canale di sintonia che, parzialmente rinunciando a mediazioni culturali, comunichi più istintivamente e liberamente con gli oggetti e i loro creatori. Spesso infatti questo prezioso canale si rivela per molti aspetti doppiamente chiarificante : si può scoprire e decodificare la formula generatrice nascosta sotto pelle e carpire i segreti misteri della sua potenzialità, venendo così ad arricchire di riflesso la propria ricerca individuale. Là dove l'integrazione calcolata del dato trasporta l'evento nel campo della fredda ipotesi, l'intervento artistico può individuarne la giustificazione espressiva. Attenta cura nella scelta dei materiali, nell'analisi delle tecniche in funzione alle aspirazioni individuali e alle ricerche del periodo, ma anche e soprattutto individuazione di eventuali corrispondenze con la propria personalità e di nuclei ancora in germe, da cui trarre ciò che vi è ancora di potenziale, di vitale per lo sviluppo futuro, da cui scoprire insomma dimensioni ancora inesplorate. L'interferenza personale dell'artista non deve essere quindi del tutto soffocata, ma dominata con cautela entro limiti di calibrato equilibrio, da osservarsi in modo costante, proprio perchè la propria creatività, in quanto libera e spontanea, può rivelarsi il canale più diretto, attraverso il quale ricevere i messaggi che via via si rivitalizzano durante l'operazione, quasi destati dal proprio torpore. Immagini ermetiche, fredde e spesso
indecifrabili si offrono allor più disponibili ed espressive. L'arricchimento che se ne prova non sarà funzionale soltanto all'evento contingente, ma sarà crescita interna, scuola d'emozione, che oggi può ancora comunicare.
Piero Conestabo
E IL COLORE DIVIENE FORMA .
L'ultima produzione di Piero Conestabo manifesta la volontà del bidimensionale di conquistare lo spazio esterno, verso la terza dimensione. Il sofferto accartocciarsi della velina, quasi risucchiata dalla tela che tenta di trattenerla con disperazione, non fa che esasperare il tormentato desiderio di liberazione del dipinto dal suo supporto naturale verso la conquista della terza dimensione, verso il dominio dello spazio esterno, verso una proiezione al di fuori della limitatezza, della costrizione di una superficie piana, nella sublime ricerca di una comunicazione più diretta e piu' immediata con l'osservatore. Il colore tende a creare una sua forma propria, indipendente, plausibile e giustificata, e in questa sua legittima aspirazione tenta varie soluzioni e attraversa vari stadi di sperimentazione: ora si cristallizza in una diafana emersione molecolare e non azzarda a proseguire il suo cammino; ora cede alle lusinghe ataviche e ricade distendendosi quieto sulla tela; ora infine si coagula in consistenze granulari isolate che riescono a focalizzare tutta la tensione su di sé : come se questo fosse l'unico punto di contatto tra scultura e pittura. Il messaggio diviene drammatico nella strenua lotta e provoca talvolta lacerazioni che mettono a nudo l'anima grezza e ormai inutile della tela, che rimane comunque un riferimento dialettico e problematico difficilmente obliabile. Conestabo ha manifestato sempre una particolare sensibilità nella scelta della materia e una singolare duttilità nell'adozione di varie tecniche, intelligentemente sfruttate. Allo stadio attuale della ricerca l'artista pare conscio che tale affrancamento potrebbe provocare importanti mutamenti del suo linguaggio pittorico e i suoi! lavori si interrompono prima di varcare la soglia del non ritorno. Rifìuto e nostalgia, aspirazione alla libertà e bisogno di riferimenti solidi e sicuri si dibattono in un continuo conflitto, abbandonandoci, sospesi, in un'atmosfera d'attesa.
Fiorenza De Vecchi
Conestabo costruisce le sue composizioni attraverso una rete interiore, un'architettura che sa d'arancia spellata e di ragnatela. In questo tessuto si perde l'attenzione, ma non sarebbe giusto ridurre il discorso all'ammirazione per la tecnica; per una capacità inarrivabile. Il tessuto acidulo con cui Conestabo realizza un raro disegno si scandisce anche in colori decisi, sicuri, ed in tagli geometrici che chiudono la composizione in dimensioni tanto precise quanto inconsuete e singolari. Ma non è neppure il discorso sul metodo, così importante per certe correnti di pensiero, ad avvincere davanti alle<impossibili>geometrie di Conestabo ed alle sue composizioni da lente di ingrandimento.Infatti la rinuncia alla lente per guardare oltre la tecnica suggerisce grandi motivi e profonde riflessioni. I motivi che si colgono riguardano la complessità dell'animo umano. La psicologia non è la ragione; la psicanalisi non è liberazione ma solo un modo (o un tentativo) di spiegare cause lontane di sofferenze attuali. Conestabo ha trasferito al colore il compito di definire queste differenze fondamentali, infilandovi perfino una nuovissima interpretazione dei valori del sentimento: teneri gialli, rossi totalmente dominati. Resta il primato della ragione, tanto che il disegno rimane predominante. Il suo rifugiarsi in una specie di mito di Aracne è solo marginale e pretestuoso: la forma è misteriosa e splendida, ma la sostanza è la stessa serie di originalità, invenzioni, timori, insondabilità che costituisce ciò che più di frequente emerge dall'animo umano. Conestabo continua a compiere le sue analisi con assoluta serenità, la quale scalda di colore le composizioni, tanto attentamente misurate da raggiungere una serenità senza illusioni: la serenità tutta umana, già illustrata in altre occasioni, di una cultura di confine, ma di solide radici originali come quella triestina.
di Nazarlo Boschini da Modena Flash
Una figura che sembra uscita di peso dal tarkowskiano Andrei Rubliov : ecco chi è Piero Conestabo, l'artista che con rigore certosino minia pittura e grafiche secondo un procedimento personalissimo, anche se di immediata invenzione.
Conestabo ha collezionato premi e riconoscimenti in Italia e all'estero: questa personale allestita nella sua città gli spetta dunque di diritto, così come spetta agli operatori artistici locali e alle persone che sempre più numerose si affacciano da qualche anno sulla porta delle gallerie d'arte contemporanea. Le opere esposte per l'occasione sono riconducibili per la maggior parte al lavoro di questi ultimi due anni: esse mostrano senza ombra di dubbio il grado della sua maturità artistica, l'equilibrio finalmente raggiunto tra rappresentazione della civiltà delle macchine e recupero del tema Natura. Questo gioco difficilissimo nasce da una fantasia incline alla verve e nello stesso tempo al macabro (e due modi di sentire sono molto meno antitetici di quanto si pensi) grazie a una mano "magica" versata a tutte - o quasi - le tecniche grafiche e pittoriche.
Da questa mano, che sa essere di volta in volta essenziale e barocca, ricercata e scarna, scaturiscono figure che si creano e si distruggono le une con le altre. Conestabo gioca abilissimo con le forme e le dimensioni, senza perderne di vista i limiti, in sostanziale identità forma/colore(o forma/chiaroscuro),con risultati che evocano effetti propri della scultura primitiva o addirittura quelle della pittura divisionista e impressionista.
In questo senso le sue decorazioni di figura non sono "decorative" in senso classico, ma sono parte essenziale, sono struttura della materia. Il dinamismo delle linee crea a sua volta geometrie sempre nuove, talora astratte, talora reali, talora senz’altro surreali. Una specie di gioco perpetuo vissuto su una sola dimensione.
L'arte (anzi, l'Arte) personalissima di Conestabo non è però di quelle che si lasciano possedere subito, al primo sguardo: è invece soprattutto là dove il figurativo reale cede al figurativo fantastico un esercizio continuo (e vorrei dire violento, se me ne è concesso l'uso in senso positivo) dell'occhio e della mente.
Uscire dagli schemi per tornarci poi con idee e materiali nuovi - nuovi, ma comunque quasi sempre comprensibili - sembra essere l'obiettivo dell'artista. Ma basta dare un’occhiata, sia pure superficiale, per capire che quella maturità artistica di cui dicevo all'inizio non è un punto di arrivo statico e appagante, è invece soltanto indicativo del fatto che Conestabo ha trovato il "suo" modo di essere e di operare, e quanto progetterà e realizzerà domani o fra dieci anni non sarà né in contrasto né pedissequa imitazione delle proposte di oggi: sarà invece deduzione, evoluzione, interpretazione, apertura all’esterno senza timore di giudizio.
Si possono non condividere i suoi passaggi espressivi. A me sembrano invece tra i pochi possibili e giusti nel nostro tempo.
Marili’ Cammarata , luglio 1984
L'artista triestino Piero Conestabo si è presentato quasi contemporaneamente, tra aprile e maggio, con due personali a Villaco (Austria; Neimat-Galerìe im Hof) e a Trbovlje (Slovenia; Zveza Kulturnih Organizacij). La sua non comune produttività gli ha permesso di allestire due mostre di ben una sessantina di quadri, ognuna relativa a due specifiche fasi della sua ricerca. Le due esposizioni sono unite strettamente da un discorso evolutivo che si manifesta chiaro nel suo percorso e che identifica il passaggio dell'autore dall'esperienza informale non figurativa ad un linguaggio che recupera l'elemento costruttivo per calare l'espressività coloristica nello spazio. La variegata personalità di Conestabo - che nel corso della sua produzione ha spaziato in diversi campi espressivi dal figurativo surrealista, al neocostruttivismo, a fascinazioni concettuali- in questi ultimi anni si è stabilizzata su canoni informali – coloristici , che denotano una non comune sensibilità per la materia pittorica. In questo particolare momento in cui il linguaggio pittorico pare essere messo in crisi dalle nuove ricerche artistiche, Conestabo rinnova la sua fiducia nella pittura e nelle sue potenzialità espressive. Se nella mostra di Villaco la poetica surrealista di Conestabo trapela negli spazi infiniti del "macrocosmo" ,ove dominano assolute, tonalità cromatiche fondamentali del colore che si rapprende e che man mano si libera dal segno costrittore della matita, nelle opere più recenti esposte a Trbovlje si inseriscono in questi spazi elementi costruttivi, potenti tagli strutturali che, pur agganciando l'esplosione della libertà creativa al mondo reale prospettico, ne esaltano al contrario l' infìnitezza , che diviene di dimensione umana. Il segno ricompare con linee tormentate zigzaganti di arcaica memoria e l' infìnito del Macrocosmo e del Microcosmo trovano un punto di contatto, che resta sospeso in un delicatissimo equilibrio.
Fiorenza De Vecchi 1993
Tra aprile e maggio Piero Conestabo si è presentato quasi contemporaneamente con due personali in Austria (Villaco, HeimatGalerie íz Hof) e in Slovenia (Trbovlje, Zveza Kuturnib Organizacij). La sua prolifica attività gli ha permesso di esporre ben una sessantina di opere, che focalizzano due specifiche fasi della sua ricerca strettamente legate tra loro in senso evolutivo. Delle passate esperienze, l'atemporalità surrealista è ciò che permane in queste indagini tra "macro" e "microcosmo", condotte da Conestabo mediante esperimenti coloristici informali, ove la grande sensibilità per il materiale coloristico si esprime con notevole vigoria, supportata da una gestualità grafica decisa e sapiente. L'affrancamento dalla costrizione della riquadratura dello spazio pittorico e dal segno grafico avviene gradatamente sino alla quasi completa autonomia del colore cantante, liberato in consistenze corpuscolari e polverizzate. Successivamente Conestabo riordina la materia pittorica entro "campi magnetici" creati da strutture elementari, che si inseriscono rigidamente, alludendo ad una nuova spazialità, quasi coordinate prospettiche o elementi strutturali in lenta ricomposizione che potrebbero esser tratti da una moderna elaborazione computerizzata. Il colore si smorza sino a raggiungere tonalità monocrome più rarefatte e ricompare, incisiva, la linea: una linea serpentinata e tortuosa di sapore
arcaico. L'infinito ricongiunge così i suoi estremi e conferma la propria universale eternità.
Fiorenza De Vecchi 1993 Flash Art.
PIERO CONESTABO
L'astrazione come scelta, come ricerca impegnativa, sincera e profonda di autenticità, che si traduce in accurata attenzione per l'esecuzione e l'interpretazione dell'opera sino a giungere al minimo dettaglio: Piero Conestabo è artista rigoroso ed equilibrato, lucidamente impegnato nel proprio(esigente) fare pittura, espressione di un' altrettanto approfondita analisi del proprio sentire, della propria umanità.
Il segno è 1’elemento essenziale della pittura di Piero Conestabo: segno improvviso ed al contempo ricercato, raffinato; segno che è innanzitutto gesto elementare, azione primaria dell'artista, libera espressione dell'essere, tratto (certamente contingente, ma completo) di perfetta spontaneità. Un segno che è principalmente istinto.
Ma il segno, da immediata espressione del gesto, diviene cosciente approfondimento del particolare, culmine e sintesi di un intero processo mentale che invita lo spettatore ad una più approfondita lettura dell' opera. I lavori di Piero Conestabo sono assai curati tecnicamente (e, peraltro, formalmente): la cura scrupolosa che l'Artista triestino riserva al particolare rende possibile tutta una serie di differenziati livelli di fruizione. Avvicinandoci (fisicamente, praticamente) alle opere di Conestabo scopriamo, non senza meraviglia, un'esplosione di dettagli sempre nuovi, di elementi sorprendenti nella loro definizione: sino a giungere, infine, alla materia stessa, al pigmento, alla carta, al graffio, in una successione vertiginosa. quasi vicina all'esperienza della geometria frattale.
La lettura dei lavori di Piero Conestabo si rivela quindi un'avventura affascinante e, comunque, assai impegnativa: in un entusiasmante crescendo emotivo (dal fondo appena vagamente inquietante), l'Artista richiama lo spettatore ad un'analisi necessaria, ad una progressiva scoperta dell'opera d'arte, che diviene così progressiva e cosciente comprensione dell'umanità di tutti i soggetti coinvolti nella creazione dell'opera stessa: di chi sa sentire e dipingere, innanzitutto. Ed infine, inevitabilmente ed immediatamente, di chi saprà guardare.
Giorgio Tommaso Bagni , Treviso 1991
“Nel divenire dei segni “ è una mostra bene augurante già nel suo titolo che ipotizza una capacità di trasformazione e quindi di crescita dei linguaggi impiegati ...
Piero Conestabo con delle tele aeree, librate nello spazio, desiderose di espandere con rinnovata tensione i segni e le seducenti cromie che contengono.
T. Bordone Flash Art.
DI PIERO CONESTABO, PITTORE TRA LE FORZE
DELLA NATURA E DELL'UOMO.
novembre I99I CARLO MILIC
Conestabo
Si dice comunemente, perfino con un pizzico di presunzione, che ai giorni nostri nulla dell'arte - e quindi anche della pittura - possa venir celato all'attento osservatore: consumabile, ai confini tra morte e rigenerazione della cultura visiva, la pittura espone quindi i suoi prodotti più attuali nell'ipermercato ecumenico, certamente in uno spazio privilegiato, ma non differibile rispetto a quello destinato all'altra mercanzia.
Divulgati dunque i suoi meccanismi, sottratti i suoi processi istitutivi al chiuso mistero del laboratorio, resa perfino accetta la sua spesso impenetrabile parvenza, l'arte visiva appare, pur nei suoi luoghi deputati d'esercizio di presentazione, smitizzata ed ormai invidiabilmente vicina al fruitore, forse molto più alla sua portata di una gemma di Cartier o Tiffany e, in fin dei conti, questo disvelamento tanto poco romantico può anche non turbare: sottratta alla sua oscura forza saturnina , la pittura non risulta depauperata, se ne potrà discutere - come poi avviene quotidianamente - nei bollettini d’informazione radiotelevisivi , come sulla carta stampata d’ogni giorno. Entrerà a far parte finalmente del ventaglio di alternative più consuete andare a visitare una galleria pubblica o privata ,d’arte antica o moderna: non ci si stupirà della differenza formale che corre tra un'opera di Raffaello ed una di Picasso , non si imprecherà all’improvvida stagione che ha mutato naturalismo in astrazione...Così l'opera analizzata in profondità, definiti significati ,significanti e segni, tuttavia non avrà smesso di riferire, l'artista infatti difficilmente sarà disponibile a descrivere le motivazioni del veicolarsi dei segni, a puntualizzare il processo genetico che ha condotto i gesti ad essere segni da una tipologia precedentemente pratica all'attuale. A tal punto, molti alzeranno le spalle , accontentandosi di sentenziare : Ma l'arte è arte! Con buona pace dell'artista e del critico, che così riterranno ( a chiusura di un giro, forse ozioso, comunque pacificante con la legge del mercato) di poter continuare nella ricerca di quel giusto mezzo tra l'apollineo ed il dionisiaco, che genera la prova d'arte. Perchè nulla, ancor oggi, riesce sempre a riservare inedite sorprese precorritrici, come valutazioni suggestivamente inattese, dell'opera d'arte: anche il giudizio più razionale non rinuncia infatti d'accettare un pizzico d'intuizione sciamanica nel divenire costitutivo dell’immagine d'arte. Perchè ogni episodio espressivo fa storia a sé stante,dispiega
una vicenda che all'osservatore fa assaporare l'assoluto, finalmente l'irraggiungibile assenza dalla realtà imposta dal quotidiano. Perché ancora l'arte si manifesta perfino attraverso un solo segno, una traccia che percorre una superficie in modo da riferire o astrarre, creando comunque un' entità intangibile eppure confrontabile con il circostante: così l'artista assimila, trasferendo nella prova, un patrimonio di sequenze registrate, tra la ragione e la vita, per dare infine il frutto maturo di una proposta interpretativa del confronto avvenuto, nel tempo della riflessione, entro il materiale spirituale e visivo a sua disposizione.
Piero Conestabo, triestino e pittore che senza difficoltà s'individua cresciuto culturalmente in un territorio tradizionalmente aperto ad istanze rivenienti da complessi retaggi europei: più volte infatti si è affermato che la triestinità è entità estranea, perfino illeggibile secondo il metro tradizionale dei travasi generazionali, una sponda insomma dove i ricercatori nel campo dell'arte colgono materiali linguistici e strutturali, i più diversi, per assemblarli in sostanze visive spesso dalla vivace impronta d'originale autonomia. Semplificando, si potrebbe definire questa singolarità triestina come l'esito della saggezza del cercatore, un'arte del discernimento e della localizzazione che plasma, nell'ambito della fisionomia della proposta, tecnica e forma per giungere ad una sommatoria di dati, appagante ed egualmente eterodossa.
Così Conestabo alla radice della sua esperienza - e così inevitabilmente risaliamo alle passate stagioni della sua attività d'artista " ha situato la metafisica del sogno che intesse nell'aggregato comune (antropo, zoo o fitomorfo) emergenze aliene. E' un campo suggestivo già ampiamente arato dalla triestinità già nel nostro secolo; qui vi ha rintracciato con Nathan, Sbisà e Bolaffio gli stimoli più suggestivi: il lontano trascolorare del mito asburgico, l’abbandono della società dei buoni costumi mitteleuropei, l’infittirsi delle maglie di un sociale non più adeguato e misurato in funzione della città libera dei grandi commerci( impostato cioè sull'imperio invece che sulla contrattazione), ebbene tutto ciò - ed altro ancora - allora aveva -provocato la fuga dal contingente, la ricusa insomma del confronto con il suggestivo quanto provocatorio costume italiano degli anni Venti e Trenta. La certezza, cui quella generazione d'artisti era tributaria, impediva un approccio diverso con le nuove mitologie utilitarie, che pervadevano professioni d'arte e vita.
In un altro tempo Conestabo ha vissuto l'isolamento e l'emarginazione di Trieste, posta in anni non remoti in bilico tra i mondi dell'Ovest e dell'Est: anche questo è stato motivo di ripulsa e di ricerca (ad un tempo),verso altri confini dell'arte; perciò l'artista apparve in bilico allora tra l'istituzione di forme , asseverate dal quotidiano eppure consumate ed esauste nella loro carica narrativa , ed il predominio illegibile della materia La traccia, che lo stimolava, emergeva per trasgredire la regola , alimentare costantemente l'instabilità semantica del segno noto: e
Pur tuttavia tale esercizio si riconduceva invariabilmente a definire un'unità organizzativa, per immergerla subito dopo nella fittissima matassa del tratto che contorna o liberarla progressivamente sino a farla divenire percorso autonomo, alieno da specifici obblighi narrativi.
La forma , feticcio quotidiano , reso ormai dalla comunicazione visiva unicamente come riferimento linguistico, spinge peraltro oggi l’artista verso il necessario oblio della ludica ripetizione delle cose, ma anche di ogni metafora straniante: il grafismo in bianco e nero, come la predilezione per l'incisione lasciano allora il campo all'incremento di una gestualità che metodologicamente si situa a mimare i flussi naturali delle forze, il guizzare della fiamma, il riandare dell'onda, i segni che immaginiamo rimangono a ricordare le tracce del movimento dei venti. La materia così si scinde per illustrare il costante alimentarsi , di un'attività vitale,che descrive il tutto attraverso una testura, un graticcio di linee trasudate da un pulviscolo di materia atomizzata, nube lieve colorata che fa germinare grovigli di segni diversamente indicati proprio da molteplici tinte.
La caduta di atomi difformi, punti abbandonati sulla superficie, raramente divenuti segni più gravi, ed in parallelo le tracce, che da questi si allontanano, non giungono a rammentare le parafrasi visive o meglio la vertigine magica, evocata da Wols o Twombly: esiste appunto alla loro radice il germe insostituibile del sogno. Conestabo infatti ha intuito come le suggestioni, chiamate in causa, immaginando l'arte del segno quale ipotetico segnale di convincimento visivo da opporre alla filosofia propagata dal software( quel manifestarsi sullo schermo di tracce grafiche, che sono in proiezione specchio delle forze di Natura),non possano evadere la consistenza delle cose appartenenti alla realtà: queste ultime possono venir dimenticate, ma alla lunga si finirà di cozzare contro di esse o almeno si entrerà in quegli aloni, autentiche reminiscenze manifestate dalla presenza anche remota degli oggetti.
Così l'artista ora inquadra spesso il suo germinare di segni, quasi in un gioco di prospettive,(evanescenti finchè si vuole, ma sempre significative per l'interpretazione della composizione): si tratta beninteso di un confronto tra una mimesi del presente quanto invisibile manifestarsi dei campi di forze e il ricordo, immaginato in negativo e quindi parabola di una sensazione di assenza o di vuoto, di forme testimonianti il gioco dell'esistenza dell'uomo. L'esito è un affascinante moltiplicarsi di ricerche che misurano il possibile e l'impossibile, nel gioco della visione: un altro tema per la verifìca del ruolo di cartografo dell’arte, che sembra voler assumere di questi tempi borgesianamente Conestabo, in un finissimo gioco di rilevamenti che ha indubbiamente il fìne di individuare un nesso o un tramite per la presenza della pittura in un contesto ad un tempo legato alla forza della Natura e dell'uomo.
Carlo Milic
Spazio -Tempo - SPAZIO CROMATICO
Piero Conestabo : da lungo tempo impegnato, opera da più lustri nel campo delle arti visive, con una vasta e approfondita conoscenza delle tecniche pittoriche e grafiche dei grandi maestri veneti del passato. Sviluppa la sua originale ricerca sul campo visivo attraverso una pittoricità a volte alternata a momenti di vivacità e di trasparenza propria della ricerca. Focalizza la variabilità dello spazio prevalentemente espresso attraverso le diverse e sovrapposte campiture. Misurandosi con le tracce, dell’usura del tempo tecnologico qui simbolicamente riproposte.
Renzo Grigolon, Chioggia 1995
RACCONTO
A volte può essere sufficente una sola opera , come in questo caso,per riuscire a dichiarare esplicitamente forse compiutamente la propria visione immaginativa ed il proprio credo poetico.
Come un carcere piranesiano o una allucinante architettura di Escher, questo foglio di Conestabo possiede infatti una straordinaria autonomia ideativa ed espressiva che annulla ogni traccia di rappresentazione e di temporalità.
Sembra quasi che , nel momento in cui un riguardante gli si pone davanti , esso rappresenti solo se stesso , definitivamente , senza rinviare ad alcunchè d’altro.
Descrivere , gli alberi e le figure , gli uccelli e gli oggetti che è possibile rintracciare al suo interno appare perciò privo di senso , fuorviante e forse perfino inutile .
Interessante pare piuttosto rimarcare due aspetti caratterizzanti questo lavoro : il primo in ordine formale riguarda l’atmosfera magico surreale che pervade l’immagine ; il secondo , processuale , si riferisce alla particolare tecnica incisoria che Conestabo utilizza . Che , a ben vedere , è quella antica dello Schiavone , della puntasecca senza barbe , vale a dire , capace dunque di evitare le durezze del bulino e , allo stesso tempo , le suadenti morbidezze dell’ acquaforte .
E’ perciò attraverso tale via che Conestabo riesce a rendere , allo stesso tempo , allucinata e attraente la descrizione degli elementi figurativi che perdono così la loro originale naturalità acquisendo invece valori nuovi e trasfigurativi , simbolici .
Ne risulta infine una operazione figurale condotta sempre sul filo del rischio , affascinante e misteriosa , capace di inattesi rispecchiamenti psicologici ed imprevedibili coinvolgimenti emotivi .
Enzo Di Martino , presentazione della cartella “RACCONTO”
Il tempo che non puoi comprare.
(Riflessioni sulla natura)
il dagherrotipo, inventato da Jacques Lodis Mandè Da-guerre fissava l'immagine latente sensibilizzando i sali d'argento, ma non aveva una delle caratteristiche più imdella fotografia: la riproducibilità, poiché attraverso i negativi si possono realizzare un numero pressoché infinito di positivi. La miniaturizzazione dell'immagine era un miracolo di accuratezza e precisione prospettica. Lo shock che costituì l'immortalare per sempre, la natura, un luogo, un gesto, in una frazione di secondo è ormai lontano. Erano tempi in cui gli impressionisti coglievano nell'aspetto sensazionale della luce il momento, traducendolo in vivaci pennellate. Lontana è anche la riproduzione pittorica o fotografica ingigantita di un oggetto quotidiano (anni 60/70).Conestabo indaga, classifica, archivia, annullandosi in un ruolo di tramite, la natura, quì colta nel suo aspetto fisico, "torchiata" e riprodotta nei formati 1:1, dissacrata col bitume con il quale viene ricoperta nella sua iniziazione, prologo all'esaltazione, della propria dimensione della propria grandezza. Conestabo, parte dallinvito a soffermarci sul tempo che trascorre, che vivendo consuma, attraverso il recupero, riciclando i materiali di questo tempo, quali i pneumatici giganteschi dei grandi camion che messi fuori uso, sbriciolati, vengono spesso abbandonati ai bordi delle strade e autostrade. Breve è il passo che Conestabo fa, allungando l'occhio sulla natura circostante, che viene violata dai rifiuti di un consumismo cieco. E come un "Papalagi" * ravveduto dalla lezione del suo Tuiavii di Tiavea: " Quando cavalcò attraverso un villaggio, lo superò velocemente, ma se vado a piedi, vedo di più e gli amici mi chiamano nelle loro capanne. Arrivare veloce ad una meta è raramente un vero guadagno ” e ancora, citandone il racconto-"Il papalagi attraversa correndo la sua vita, senza pace, disimpara il piacere di camminare e vagabondare, di muoversi contento verso la meta che ci viene incontro e che non cerchiamo.”lmmagini che di rimando ci portano a ripercorre la vita nei frammenti esposti, consapevoli forse della loro esistenza, solo approssimativamente.
Tuiavii di Tiavea saggio capo indigeno delle isole Samoa, compì un viaggio in Europa agli inizi del secolo, venendo a contatto con gli usi e costumi del "Papalagi", l'uomo bianco. Ne trasse delle impressioni folgoranti che gli servirono per mettere in guardia il suo popolo dal fascino perverso dell’occidente.Erich Scheurmann, artista tedesco amico di Hermann Messe, lo pubblicò ."Papalagi" è un trattato etnologico sulla tribù dei bianchi, esilarante e atroce.
Edizioni millelire di Stampa Alternativa.
Renzo Grigolon
Piero Conestabo
"La rappresentazione realistica... non dipende dall’imitazione , dall’illusione o dall’informazione , ma dall’indottrinamento. Quasi ogni quadro può rappresentare quasi ogni cosa ; vale a dire ,dati un quadro e un oggetto esiste di regola un sistema di rappresentazione, un piano di correlazione , secondo il quale il quadro rappresenta l'oggetto, "Nelson Goodman , I linguaggi dell'arte , Milano 1976
Dell'astrazione si riparla nuovamente oggi volentieri, magari con un pizzico di autorevole distacco, notando come la «new wave» concreta derivi il suo attuale dinamismo direttamente da una necessità d'assestamento nel discorso per immagini tra transavanguardia e postmoderno o peggio dall'obbligo di coprire delle quote di mercato.
Raramente capita invece d'indicare come il fertile ritorno a una operazione creativa, affrancata da riferimenti alla narrazione e allusiva spesso a una provocazione sensoriale al cospetto di eventi particolari, tesi e concitati, appaia immediatamente conseguente alla sensibilità dell'artista che registra l'evidenza di rapporti determinatisi tra superficie motivata e un reticolo di segni puntato ad essere comunque relazione di presenza estetica, ma anche materiale ben individuata. Perché l'arte continua a constatare e manifestare la propria vitalità dalla contraddittoria dichiarazione contemporanea della molteplicità dei suoi codici di accostamento alla natura del reale. Riviviamo dunque l'opportunità, che motiva la ragione dell'emergere di quella «provocazione sensoriale», e la verifica della significativa divergenza tra diversi sistemi di linguaggio dell'arte nella tensione a captare i nuclei della realtà per reintrodurli attraverso i modelli formali utilizzati nel proprio spazio: lo spunto particolarmente efficace è offerto dal comportamento adottato da Piero Conestabo nel definire il gruppo delle opere presenti in questa rassegna alla Galleria Comunale di Trieste. Infatti il dialogo tra forma e linguaggio, applicato dall'artista, introduce alla tesi della concentrazione dell'azione pittorica in valenze ben determinate rispetto allo spazio del supporto, ma allo stesso tempo si indirizza nella scelta di un sistema di rappresentazione che ubichi il concetto d'intervento - per necessità di relazione - sul circostante dopo averlo spogliato delle evidenze quotidiane e fatto divenire campo di produzione indiscriminata di accidenti, interpretabili dal pittore nella loro misura di tracce e segni esemplari. Ritorna quindi per Conestabo il prediletto tema del "rispecchiamento", seppure percepito sotto angolatura ancora più congrua rispetto al passato: ora infatti il raggiungimento di un preciso funzionale equilibrio sul piano tecnico è pienamente acquisito e perciò anche le avvincenti e inedite dilazioni del segno di schema e di contenimento (ottenute attraverso l'impiego di filature di colla trasparente) risultano quasi istintive, là dove la voluta fisionomia di «incarnamento» del movimento plastico delle forme si produce in funzione d'una maggiore distinguibilità delle strutture portanti la composizione. Di ben altro peso è invece, nell'attuale fausta stagione di Conestabo, la designazione della traccia gestuale cromatica che non si limita a ripetere e identificare direttamente l'oggetto richiamato, ma lo accerta sul terreno dell' immaginario, dilatando e sintetizzando l'aggregato sino al punto di riuscire per il supporto riferimento all'instabile mobilità visiva e soprattutto filtro di linguaggio che promuove e verifica l'idea espressiva. In parallelo si sviluppa la testimonianza per cui lo spazio tattile dell' opera deve trovare le sue pertinenze in quello visivo e quindi si avverte l'obbligo di calare, nell'atto della stesura della prova, le coordinate di un progetto o di un processo formativo che concretizzi un luogo arioso e dinamico dove l'immagine traspaia da un articolato suddividersi del campo, mimando l'emersione dell'area di coagulo dei segni attraverso «collage» giustapposti sulla superficie del supporto. Cosi la forma verificata dalla struttura e dalle campiture di colore si dichiara frammento d'una totalità, dimostrazione palese dell'estrapolazione, avvenuta dalla realtà di un brano di storie e «incorniciata» dallo spazio del supporto medesimo più che mai riquadro e quindi confine per l'espansione vertiginosa del racconto pittorico di Conestabo.
CARLO MILIC ,marzo 1987
L’ARTE DI TRIESTE - NEL DIVENIRE DEI SEGNI
Straordinario avvenimento artistico nelle luminose sale di Palazzo Alberti ...
..,Piero Conestabo dipinge esplosioni e scoppi del colore lasciandosi nello stesso tempo un corridoio libero per la creazione di rigorose volte a produrre nuove concezioni spaziali e nuove ottiche di orientamento.
Mario Cossali . Rovereto (TN) 1993
nel DIVENIRE dei SEGNI
......Ad essa rispondono le più solide tele di Piero Conestabo che accolgono ancora il piacere di fare pittura , secondo un dettato informale che ammica volentieri però all’ organizzazione geometrica . Tuttavia le tele librandosi nel vuoto , anzichè aderire al muro ,giocando sulla trasparenza , innestandosi curiosamente nel telaio con un passaggio tensivo tramite ganci particolari , dimostrano chiara l’aspirazione installativa , la tendenza ad appropiarsi dello spazio fisico .
Maria Campitelli ,1993
Piero Conestabo
Quel che nell'arte progredisce è la capacità di comprenderla e il perfezionamento della società che ne risulta.
Northrop Frye, Anatomia della critica, Torino I969,pag. 463.
Rileggendo i numerosi testi critici, motivati dall’opera di Piero Conestabo, a distanza di anni risalta lucido e significativo il giudizio espresso da Milko Bambic, personaggio della triestinità cosmopolita , maturata tra le due guerre: il saggista sloveno notava del lavoro del pittore triestino la singolarità, crescente sino a giungere a produrre nell’osservatore la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso e vagamente inquietante.
Tale testimonianza può ben ritenersi valida ancor oggi , riscontrando il viluppo di mozioni che percorrono l'itinerario che conduce alla formulazione dell'opera: stimoli interni alla forma, suggestioni portate ad emergere dal colore, antinomie scoperte mentre par di discernere (nell'uso del linguaggio) la tendenza a riconoscersi nel narrativo, il tutto frammisto a provocazioni sensoriali trasparenti dall’unire sulla tela segno e colore. Indubbiamente di diversità giova parlare infatti quando si perviene a quello che risulterebbe essere il nocciolo del sistema rappresentativo,espresso da Conestabo.
Dall'epidermide del dipinto, come dalle linee- guida che fissano la trama grafíca sul foglio,sembra di dover affrontare subito un problema nodale, quello del cavare,del ridurre insomma a trama essenziale le nervature da cui il colore si espande in germinazioni segniche o in campiture vibratili da opporre immediatamente al fondale assorbente: eppure a questa esigenza rigorosa si sovrappone subito quella di identificare una rotta di collisione, per la composizione tesa a travolgere le barriere istituite tra indagine interiore dei moventi e la Natura.
Un costante stato di fluidità domina dunque tra l'intenzione cromatica trasmessa all'opera con il conforto ed il sostegno delle trame impostate in superficie ed i cardini sommersi,immaginati ad ancorare l'effervescente irridescenza della luce trapelata dai percorsi segnici, argini, per la definizione, ma allo stesso tempo forze aggettanti a movimentare il costrutto pittorico.
Inquietudine e turbamento, incertezza ed ambiguità, tra epifanía gioiosa e drammatica rinuncia, appartengono perciò a tutti i momenti che caratterizzano le soluzioni adottate da Conestabo: sarà imputabile forse alla sostanza espressionista, profusa per molte stagioni nelle sue prove, poi lentamente assorbita (soprattutto nelle sue tracce più virulente) da una quadratura formale tributaria a quel neoconcretismo, tanto caro alla pittura verde degli Ottanta, manierismo dotto e ben governato che tuttavia nella proposta fornita dal pittore triestino ora distingue inedite mediazioni. Espressione e fuga verso l’astrazione infatti oggi apportano all’indagine formale di Conestabo le condizioni agibili per porre in essere una situazione formale, che potrebbe venir giudicata ricerca di un bilico visivo, là dove l' incarnamento della forma ( prima di coagularsi nell'evidenza del quotidiano) diviene materia in espansione, fluttuante essenza disposta a progredire oltre le parvenze conosciute, quindi corredo opportuno per i gesti che già hanno marcato l'organizzazione dell' opera. Perchè la singolarità di tale proiezione può allora venir individuata come impossibilità manifesta da parte dell' artista di sottrarsi in qualche modo ai legami esistenti con la consistenza delle cose appartenenti alla Natura: queste ultime addirittura potrebbero essere dimenticate nel momento del progetto della forma, ma alla lunga si finirà per cozzare contro di esse o almeno si entrerà nei loro aloni,autentiche reminiscenze illustrate dalla presenza anche remota degli oggetti.
CARLO MILIC
Piero Conestabo sa dare sostanza artistica a ogni materia .
Segni del quotidiano che trapassano il supporto dell'opera - tela, carta - e si fanno mezzo del discorso. Così si può definire il particolare uso che Piero Conestabo - artista triestino di intensa creatività, recentemente protagonista di una personale ospitata alla galleria La Fenice di Torreano di Martignacco - fa di elementi che compongono il vivere quotidiano. Elementi che divengono vettori di segno, ma anche protagonisti essi stessi di un'opera. E allora, facendo qualche esempio, ecco, brandelli di copertone trasformarsi in ariose microinstallazioni: che paiono librarsi nell'aria e promettere una danza vorticosa in questo elemento. Copertone ancora utilizzato da Conestabo per tracciare un discorso sul supporto cartaceo, e comporre un insieme che oltre a definire un'immagine, la traccia di un percorso, sembrano trasmettere anche l'impeto, l'energia creativa dell'artista.
Ma Conestabo fa propri anche altri elementi come guanti, legno , plastiche - per esempio nel realizzare l'opera Saloon 1995 (che è stata esposta alla Fenice) ecco i bicchieri compressi - per imprimere un segno sul lavoro. Elementi usati per configurare un'immagine che si definisce anche con una particolare scelta cromatica.
Il discorso, infatti, va fatto pure per l'uso delle tinte: accanto ad acquerelli, tempere, acrilici, ecco la presenza di catrami che sembrano quasi trasmettere, oltre al discorso visivo, anche l'odore, il suono di strade, di percorsi che Piero Conestabo traduce dal suo mondo interiore nelle sue opere.
Mariarosa Rigotti , dal Messaggero febb.1998
Piero Conestabo
“... L’oggetto reale - ove affiori - può servire da supporto ; però questo oggetto, durante l'azione pittorica che originariamente è estatica , viene distrutto in quel previsto attimo , quando violenza e controllo si equilibrano...”.
Antonio Saura , Teorie della Pittura contemperanea , Milano 1967 pag. 282.
In una stagione pittorica , che sembra esigere un selvaggio quanto imperioso ritorno alla figurazione, far professione di ricercatore nello spazio della gestualità astratta appare manifestazione di coraggio e soprattutto di fiducia nei propri mezzi espressivi . In tale condizione , che impegna comunque a saldamente predisporre gli strumenti che sono fondamentali per spiccare quel volo (attraverso cui il gesto si carica d'energia per trasmetterla alla superficie del foglio o della tela ) ,Piero Conestabo agisce evocando tramature dove grafia e materia conservano la volontà di mostrarsi reali , anche dopo essere entrate nel campo illusorio della pittura .
Proprio questa convinzione sulla necessità di “mostrare” , senza essere in obbligo invece di “dimostrare” conduce Conestabo a intendere l’azione creativa come soggetto di una frase culturale che si alimenta di stimoli concreti , rivenienti all'esplorazione della natura e dell’individuo in sè e negli altri . La relazione narrativa perciò viene intesa come vincolo e freno; soltanto per mezzo di una libera percezione di quanto può esser rappresentato, oltre le convenzioni di una visione ottica , s’irradia il miraggio dell'assoluto , dell’immagine che è traccia di un ricordo fisico, di una costruzione formale degli oggetti.
A far risultato l'artista giunge peraltro per tappe progressive , sondando tecniche definitive diverse , tutte utili a dar funzionalità alla tesi finale dell'indagine Nè manca in prima linea ,quando s'accerti dalla base di partenza l’itinerario, una ancor notevole accettazione delle nozioni di “rispecchiamento” fisico della realtà:Conestabo infatti procede per riferimenti e connessioni , tra fantasia in movimento e esistente legame visivo per far librare il segno alto sino all'inversione totale del costrutto . A tal punto si perverrà attuando uno straniamento dai luoghi comuni del racconto , fruendo tuttavia dei medesimi gesti proficui per ricalcare le linee della maniera figurale .
Così l’incisione comunica frammenti sottili di segni , in un vagare veloce sulla matrice , sino a comporre invitanti confronti tra notazioni ai confini del reale e concetto di rappresentabilità dello stesso ; e sulla falsariga della disciplina impostasi , Conestabo trapassa all’acquarello , deconcentrando figura e paesaggio , rovesciando composizione e ordine precostituito al fìne di espandere nella ricchezza di sfumature , che sfanno la traccia sostanziosa del colore , le medesime griglie del linguaggio espressivo. Nella pittura ad olio e a smalto , l'analisi punta poi a calibrare la mano , in considerazione del risultato che imporrà l'acuirsi del peso materiale per il colore , condizionato a diventare rilievo , incidente su di un piano estraneo e amorfo , nella necessità di trasfigurare l’esito cioè la matassa di segni aggregati in forme inedite .
Tale costante manipolazione , con i rimandi da tecnica a gradualità d'intensità del gesto , si serve della sperimentazione per alleggerire , sottolineare , render essenziale : l’alterazione del segno è un indice prezioso per comprendere la cifra stilistica di Conestabo . Là dove l’immagine si staglia , sfuggendo ad ogni fedeltà narrativa , attribuisce alla fantasia dinamica del prodotto un’improvvisa predominanza rispetto all'oggettività da cui deriva , esaltando la capacità dell'artista di affrancarsi dalla medesima intelaiatura materiale , che provoca pittura . Rimane allora ineluttabile la pura emergenza determinata dal gesto , un parallelo materiale del processo di germinazione dell'idea creativa ; un accostamento che vale per quanto sa “mostrare” d’impeto e intuito inventivo.
Carlo Milic , Brescia Artexpo 08. 84 .
IMMAGINE DAL PUNTO DI VISTA TECNICO
Il mondo, quale oggi appare, è un dono magnifico largito dai pochi ai molti, dai liberi agli schiavi, da coloro che pensano e sentono, a coloro che debbono lavorare.
G.D'ANNUNZIO, Il Convito, 1895
La Vita è un dono: dei pochi ai molti. di Coloro che Sanno e che hanno a Coloro che non Sanno e che non hanno.
A. Modigliani, in alto a destra sul disegno "Ritratto di Lunia Czechowska ",1918
Dalla natura magistra ai nostri giorni l'arte visiva estrae ed assimila tipologie e stimoli, come da sempre continua ad acquisire indicazioni per consonanza/assonanza in ordine al senso di distacco, manifesto nella mobilità e nella conseguente insofferenza della guardata, fluttuante per sensibilità nei confronti della percezione delle tensioni che animano dall'interno oggetti ed ambiente.
In parallelo il linguaggio interviene in tale processo, ben attento a mediare i temi di relazione, indubbiamente identificabili quale nervatura centrale della comunicazione visiva odierna. Così, se per la dinamica propria dei messaggi incalzanti dei media lo sguardo registra precaria la possibilità di investigazione ed allo stesso tempo viene assunta convinzione che la materia di per sé risulti nesso illuminante per esplorare le trame dell'inconscio, l'immagine appare nella sua costante e progressiva alterità, in mobile trasmutazione. E d'altronde in pari tempo l'offerta dell'immagine in statica non sfugge alla nuova norma temporale della brevità e della sintesi, ponendo in risalto in un tutt'uno logos e simboli referenti, da additare quali deformazioni risolventi formule inedite di linguaggio visivo.
L’arte allora si definisce attraverso quelle immagini, presenti non in sostituzione di nuclei di memoria, ma per la loro intrinseca possibilità di costituire delle autentiche inedite entità linguistiche che riflettono la capacità del faber nell'interpretare in osmosi tutti i riferimenti ottenuti da una guardata totale e dalle tracce evidenti di ogni percorso analitico interno: ciò, riassumendo in immagine la selezione di termini visivi, governabili entro una rete di elementi spaziali. prescelti per la composizione.
Nella complessità derivante dal confronto dei messaggi fluenti costantemente, tra interno/esterno, Piero Conestabo persegue una personale proficua strategia: questa appare volta a segnare le prove d'arte di sua mano, mettendo in valore dei fermenti emersi dall'immaginario collettivo e dotandoli peraltro della singolarità di rimandi autosufficienti a manifestare le formalità di un linguaggio, adeguato (per manualità matura e calcolato azzardo nell'invenzione) a riflettere le pulsioni di memoria assieme a cenni di natura ed alle suggestioni derivanti dagli oggetti quotidiani.
Nelle sue opere quindi presente e passato giocano ruoli risolutivi, ma l'ampiezza della temporalità di riferimento giunge a traboccare nell'imminente, soggiogata da una cultura della comunicazione, che punta sull'obbligatorietà di un consumo onnicomprensivo (e che per paradosso comprende anche i canoni rituali dell'immagine d'arte). Conestabo perciò adotta sì materiali ed icone attuali, citazioni di miti contemporanei, sintesi referenti piene di allusioni e tuttavia tale profusione di angolature, tutte diverse, per cogliere l'hic et nunc di un tempo, che ogni minuto si logora e s'obbliga a rimodularsi in schemi forse soltanto in apparenza inediti, genera appassionanti incroci negli esiti e sul piano tecnico e su quello della formulazione espressiva.
Si potrebbe perciò affermare che le opere dell'artista rimandano ad una sequenza di effetti, volta per volta diversi e singolari: nel visibile e nell'invisibile che si concentra nell'immagine di superficie e profondità, nell'eterodossia dell'uso del catrame (spesso posto accanto a tinte di lieve sostanza), infine nel privilegiare il dato tecnico o del processo realizzativo nel trasferimento per contatto, nel luogo dell'immagine, di reperti quotidiani, peraltro dalla forte capacità di relazione (biancheria intima, copertoni d'auto, come altri brani del nostro vivere, consumato rapidamente nel quotidiano). Chiamiamoli calchi, ombre o impronte, tali segni del tempo nostro nell'opera di Conestabo restano comunque immagini privilegiate, atte a fornire il senso della cruda magia del mondo di ombre mobili, che ci circonda, materia o illusione in bilico tra i timori della sintesi di apparenze e sostanza.
CARLO MILIC , Aereoporto Ronchi dei Legionari, 02 . 1998
«... non potrebbe non essere surrealista, a pena di non essere artista . II mondo esterno, il mondo delle cose materiali, è per lui un immenso e disordinato magazzino dal quale l'artista trae le forme che significano altro da ciò che sono, che vengono ordinate come la fantasia vuole nel momento in cui immagina la concatenazione dei simboli all'interno di una determinata allegoria ».
da IL PICCOLO - di Trieste (Castelpietra)
.....spunti offerti dalla confusa crescita dei linguaggi figurativi nell’ intero universo conosciuto. ....E’ un modo , anche questo , di accettare il mondo e di rifletterci sopra.....
. . Il suo stile è asciutto e personale, poichè nasce dalla schiettezza del dettato interiore. La castigatezza del colore, il prevalente valore del segno, danno coerenza e continuità al racconto per figure, amara enciclopedia delle molte voci, delle molte lingue, in cui parla l'assurdo e anche richiamo alla durata e alla verità del sacrificio.
Giulio Montenero
“Attraverso singoli pezzi inclusi , gli scorsi anni , in mostre e rassegne collettive , Piero Conestabo ci aveva dato un assaggio delle sue singolarità stilistiche , che poi abbiamo avuto modo di gustare più a fondo in occasione della presentazione di otto artisti triestini al Centro Studi “L.A. Muratori”. Gli speciosi cromatismi delle opere maggiori e i grigi delle sue puntasecche , col reticolo di arterie finissime , simili a nervature vegetali , organiche ,innestate su impianti squadrati e geometrici , tendenti all’astratto , non erano passati inosservati . Ed ora Conestabo , ci conferma la sua capacità di raffinate e inedite realizzazioni soprattutto nel campo della ricerca stilistica....
Dobbiamo riconoscere a questo giovane artista triestino la piena disponibilità di mezzi per realizzare una pittura molto personalizzata , tesa a soluzioni formali e fantastiche di notevole suggestione “.
Franco Pone , maggio 1983
i suoi umori surreali si affidano ad un segno che solo raramente deborda e si mantiene anzi nei limiti di una asciutezza che è frutto di una inclinazione alla sintesi e sottolinea una vena un po’ amara e disincantata , frutto di chiarezza interiore ............
Ferruccio Veronesi
La sicurezza del segno pittorico conclude e dà forza alla sintesi cromatica .
Sergio Micalesco
Nei suoi interventi realizzati con catrame e matita su cotone e altre tecniche, viene sottolineato il precario equilibrio biologico del pianeta. Raffigurazioni di foglie delineate con lucidità, diventano magici segni della memoria. In questa ricerca si intuisce la natura espressiva penetrante di Conestabo: la radice di un linguaggio visivo privo di alienanti formalismi.
Marpanoza , Artecultura Milano gennaio 97
Alla Comunale, Piero Conestabo ha esposto variazioni surreali e fantastiche sul tema della natura violentato dall'uomo e della sua catartica ribellione. Tema ormai facilmente banalizzabile, ma che il giovane artista concittadino tratta con puntigliosa originalità. Surreale per istinto, si affida principalmente al tratto sottile e sicuro della grafite e delle chine, con pochi, significativi momenti coloristici. L'invenzione è sempre vivace, a volte graffiante o ironica. Conestabo procede per simboli, allusioni, parabole (come quella evangelica della rete) , metafore (il cetaceo umanoide, la donna che partorisce una pianta, il volto che si affaccia dalla caverna dell' inconscio) che riportano tutto ad una visione della natura costretta dall'uomo ad una difesa disperata della sua essenza vitale. Pittura di messaggio che si impone per gli indubbi valori tecnici, per il gusto della composizione, per l'eleganza del tratto. Bisogna anche menzionare l'uso particolare del supporto( carta pergamenata ) e soprattutto delle cornici. Conestabo costruisce da sé le cornici intorno al quadro, in sua funzione. Le finalizza ad un determinato effetto espressivo. La cornice, finalmente, è parte del quadro, integra e completa il linguaggio pittorico. Anche questa delicata cura artigianale per un «mezzo» generalmente trascurato, ed a torto, mi sembra faccia parte del messaggio di Conestabo e del suo interesse.
Renata Cargnelli
VIRTUOSISMO GRAFICO
II segno ricco e preciso di Piero Conestabo in una ventina di opere
Il segno ricco e preciso del pittore triestino Piero Conestabo, classe 1952, è in mostra fino al 27 aprile nella sala espositiva dell'Azienda di promozione turistica di via San Nicolo.
L'artista ha al suo attivo la partecipazione a numerose rassegne collettive in Italia e all'estero, ed è autore di una ricca produzione che va dalla grafica alla, scultura, all'oreficeria e al design.
L'esposizione si compone di una ventina di opere in cui la creatività di Conestabo si esprime attraverso tecniche diverse, nelle quali protagonisti sono il disegno a matita o il segno grafico,
tecnica e la capacità di concentrazione fantastica e le riflessioni accompagnate da un certo disagio cui è sottoposto l'animo dei contemporanei.
Quest'ultime spesso si esprimono attraverso un misterioso, introverso simbolismo che di quando in quando si fa partecipe del gusto espressionista, come nelle linoleografie create dall'artista nella seconda metà degli anni Ottanta.
Tutto questo c'è in Piero Conestabo, che concentra in un abile virtuosismo grafico e in una riflessione estetica il fermento dei suoi pensieri, dei suoi sogni e del suo sensibile sentire.
da IL PICCOLO 21 aprile 1994 Marianna Accerboni
A testimoniare un impegno costantemente proiettato a ricerche e soluzioni che rappresentino modalità comunicazionali presenti nel contesto del nostro vivere quotidiano, l'artista triestino Piero Conestabo espone presso la GALERIE IMRATHAUS a Millstatt (Austria) e la GALLERIA STUDIO 6 di Verona una serie di lavori rappresentati da materie riciclate, che assurgono a simbolo di una concreta rappresentazione delle possibili mutazioni del paesaggio e dell'ambiente naturale di cui l'uomo è poco rispettoso. Trapela così nelle interessanti opere del Conestabo un'esigenza di denuncia e di rimpianto per la Natura, destabilizzata dal devastante comportamento umano.
Bruno Aloisi, Best Looking Milano nov. 1996
Conestabo : Viaggio nella materia
“ Time to go : è tempo d’andare ” di FAB ER 2011
II suo intento è quello di comunicare la sua profonda inquietudine e la sua travagliata ricerca sulla fenomenologia del tempo e l'esistenzialità umana. Due teorie fìlosofìche, quindi, che influenzano sostanzialmente la pittura di Conestabo, artista triestino, che pone all'attenzione i nuovi valori dell'esistenza: la brevità della vita, la trascendenza, l'energia vitale della terra malgrado le numerose ferite. Questa è la poetica "naturalista-astratta" di Conestabo, aderente alla realtà dell'esistenza, nel tentativo di ricreare una struttura emozionale della materia-colore, ridotta a dimensione spaziale. Nella pittura informale si cercavano le impronte di un transito, le tracce di un'azione ben localizzata nel tempo e nello spazio, invece la pittura di Conestabo presenta rapporti e connessioni temporali: dal passato al presente, attraverso le stagioni cicliche della terra, che coincidono con una nuova morfologia naturalistica dell'immagine, dove cioè la figura è accennata per metafore vegetali (Residui di vita e Forze: influenze naturali), in una degenerazione decadentistica del rapporto romantico uomo-natura. L'esplorazione più profonda di tale rapporto è un tentativo dell'artista di coinvolgere nella pittura un'idea dinamica e rigeneratrice degli attuali valori in decomposizione, sulla via di una nuova conquista del profondo, funzionale alla dimensione spirituale dell'uomo, che prova ad adeguarsi alla percezione esterna di un'attiva dimensione spazio-temporale e cosmo-organica, rispetto alla mitifìcazione dell'inconscio, operata dai surrealisti. Su queste linee-guida s'inquadra il "realismo esistenziale" di Conestabo, avvolto nel mistero che l'uomo-artista vuole svelare. Su questa via, la pittura non può che captare i segni incerti, l'immagine sfuocata dei possibili cambiamenti futuri e l'artista non può che far da tramite, anche senza intravvedere la meta.
Piero Conestabo
Attraverso gli anni, la ricerca di Piero Conestabo, si è spinta lungo direttrici che si sono staccatedall'opera puramente pittorica per addentrarsi nei tenitori di assemblaggi e di environment. In questa indagine il gesto artistico si lega strettamente all'idea, la progettualità consente all'operadi vivere, respirare e mutare con lo scorrere del tempo, nello spazio in cui viene collocata; didialogare, in dialettica tensione, con l'osservatore.
Conestabo utilizza i materiali dell'arte e quelli del suo tempo: terre e pigmenti si mescolano aresine, catrame e pneumatici, pastelli e oli si legano in simbiosi con gli objects trouvé e gli scartiurbani.
La gomma vulcanizzata delle ruote degli automezzi assume non solamente una valenza di denunciaambientale, ma si apre a profonde riflessioni sul valore del passato e della traccia. Proprio la formadei copertoni, il cerchio come moderno Ouroboros, simbolo dell'eterno ritorno e del continuorigenerarsi della vita, richiama la ciclicità del Tempo.
Il concetto di impronta si estende così fino a toccare la natura della memoria e del ricordo, rievocal'imprinting che plasma ciò che siamo e traccia nuove cartografie dei percorsi, fisici e mentali, dellanostra esistenza.
Lorella Klun luglio 2011
Assieme 10 artisti triestini KOSOVELOVEM DOMU SEŽANA 2012
Piero Conestabo realizza le sue opere facendo uso di mezzi non tradizionali, tra i quali ha inserito anche la tecnica grafica innovativa del catrame e dalle matrici "ready-made". Da scritture difficilmente decifrabili emerge una linea spiriforme che si associa alle tracce delle ruote in gomma. In esse non vive unicamente il riferimento all'epoca industriale e l'assorbimento dell'irrefrenabile ritmo accelerato, ma in questo particolare "ornamento" percepiamo molte altre sottili allusioni. In senso visivo è proprio questa linea spiriforme a riportare alla "crudezza" della composizione ordine e poetica in senso estetico.
Anamarija Stibilj Šajn 2012
Piero Conestabo nasce a Trieste nel 1952. Studia all'Istituto d'Arte "E.e U. Nordio" con Ugo Carà, Ladislao De Gauss, Miela Reina. Successivamente si diploma a Venezia presso la Scuola Internazionale di Grafica. Approfondisce e si specializza nella tecnica di "puntasecca" con Claudio Moretti. Poliedrico, elegante artista dotato di una visione poetica – a volte astratta, a volte naturalistica – in un'ottica profondamente pennelata di blu. Vale la pena esplorare l'arte ed il mondo di Piero Conestabo, attraversato e frastagliato da segmenti classici, quasi sempre ricorrenti. Escursioni fra eros e sensualità immerse in una luce di penombra, danzatrici nel lento movimento di un emergente inconscio. E' la semplicità a volte disarmante dei materiali usati a dare una connotazione particolare ai suoi lavori: un anonimo filo d'erba, il coppertone di una ruota , una manciata di terra o pigmenti : le radici di catrame esaltano uno spaccato onirico e profondo che traghetta ed approda alla realtà. Ne esce un qualcosa che colpisce, traendo potere e dimensione dal percorso intimo di ognuno. Sergio Molesi la definiva la "cantina segreta dell'anima"; da quella di Conestabo ne esce una minuziosa esperienza di forza e dolcezza declinate in perfetta armonia. Pulizia del segno ed un dialogo cromatico ,mai fine a se stesso, danno anche al suo più estremo astrattismo concretezza trasversale tra materia e forme. Senza mai dimenticare l'essenza della bellezza : non vista come archetipo ma come ricerca di canoni purtroppo divenuti arcaici: semplicità e purezza nella totalità del circostante. La sintesi artistica espressa dal mondo di Piero Conestabo è proprio questa: incisiva, elegante e geniale creatività nel tramutare piccoli sogni e sensazioni individuali in tangibili e possibili realtà per molti.
Sett.2012_Antonella Coen
Piero Conestabo-Hotel Vis a Vis Trieste
Si è appena conclusa la rassegna che Piero Conestabo ha allestito da Vis a Vis, intitolata "Viaggio nella materia". Più che un viaggio, Conestabo compie un'indagine sulla natura per analizzarla e viviseziotrasformando gli elementi figurativi in visioni allucinate e creando un'atmosfera magica e surreale, in grado però di denunciare la violazione in corso della natura stessa ad opera dei rifiuti, che sono la protesi finale del consumismo cieco.Da qui la visione sofferta che Conestabo ha della vita che lo porta ad altre visioni, sempre in continua definizione e ridefinizione.
Autentico e artificiale si intrecciano in una armonia creativa che testimonia la profonda sensibilità dell'artista, che affida al colore la funzione di animazione, spesso di tonalità primarie ma con una forza gestuale che sembra lanciare le textures oltre il confine fisico dell'opera.
Molto interessanti le incisioni, che Conestabo realizza con la vecchia tecnica dello Schiavone, della puntasecca senza barbe.
Piero Conestabo, nato nel 1952 a Trieste, si è diplomato all'Istituto d'Arte Nordio e nel 1976 ha avviato una intensa attività espositiva in Italia e all'estero, affiancando a questa anche quella di organizzatore culturale.
Franco Rosso nov. 2011